Ottobre 22, 2025
Scenario
La Bianchi s.r.l. opera nel settore della produzione di tessuti, della confezione di abiti da sposa e della commercializzazione degli stessi. La produzione di tessuti è finalizzata in parte alla commercializzazione e in parte alla produzione degli abiti.
La società ha alle proprie dipendenze:
a) n.197 operai addetti alla produzione di tessuti e al confezionamento abiti che costituiscono l’intero reparto produttivo;
b) n.22 dipendenti addetti alle vendite sia degli abiti che dei tessuti;
c) n.16 amministrativi;
d) n.8 dirigenti addetti alla gestione produttiva, operativa, d’impresa.
Attori primari
Bianchi s.r.l. che intende cedere le attività relative al confezionamento, comprensive dei macchinari e dei dipendenti operai addetti al confezionamento. I dipendenti oggetto della cessione.
Quesito
Si chiede se la sola attività di confezionamento, il personale addetto e i relativi macchinari possano configurare un ramo di azienda per procedere alla cessione del relativo personale addetto ex. Art. 2112 c.c.
Fonti normative, prassi e giurisprudenza
Principi generali
Il caso in questione riguarda la fattispecie di cessione di ramo di azienda di cui all’art. 2112 cc. così come proceduralizzato – per quanto qui interessa – dall’art. 47 della Legge 428/1990.
Ancora più specificatamente la questione si pone relativamente all’individuazione di un più ristretto novero di lavoratori rispetto alla totalità della popolazione aziendale (del settore produttivo per quanto qui rileva).
Il tema appare ovviamente di rilievo perché crea “interessi diversi” coincidenti nella volontà dei lavoratori di rimanere presso l’azienda cedente, piuttosto che nell’obbligo del datore di lavoro consistente nell’individuazione di quei lavoratori che, pur non formalmente afferenti a un definito dipartimento o reparto, siano funzionali alla confezione di abiti.
Prima ancora di ciò è giusto chiedersi che tale individuazione è tale da costituire un “ramo di azienda” funzionalmente ed economicamente autonomo.
Se infatti la norma prevede altresì un sistema di tutele specifico per i lavoratori afferenti una funzione aziendale autonoma, la norma stessa stabilisce un obbligo diretto all’automaticità del passaggio dei lavoratori ivi afferenti e non certo l’applicazione di una scelta discrezionale da parte del datore di lavoro o dell’organizzazione sindacale tenuta per norma alla sorveglianza della corretta applicazione della disposizione di norma.
I presupposti per l’attivazione della procedura ex art. 47 sono:
a) L’esistenza del ramo d’azienda;
b) La chiara individuazione dei lavoratori.
La norma definisce il trasferimento d’azienda come segue: “Ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo si intende per trasferimento d’azienda qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato ivi compresi l’usufrutto o l’affitto di azienda. Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì al trasferimento di parte dell’azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento.”
Più precisamente, è identificabile quale ramo d’azienda, così come disposto dal D.Lgs. 2 febbraio 2001, n. 18, in applicazione della direttiva 2001/23/CE “un’articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento”.
In merito all’identificazione del ramo, sia dottrina che giurisprudenza non hanno un orientamento univoco, benché il filone maggioritario ritenga che la nozione di ramo d’azienda presupponga ab origine la preesistenza della realtà produttiva autonoma e funzionale, non potendo essere creato appositamente e strumentalmente il ramo in occasione del negozio traslativo.
Infatti, l’art. 2112, comma 5, c.c., chiarisce che quest’ultimo è costituito quel complesso di beni (materiali, immateriali, contratti, crediti e debiti) che, pur facendo parte di un insieme omogeneo più vasto, è idoneo a dar luogo ad un’articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata sotto il profilo operativo.
Quindi, anche solo pochi beni possono costituire un ramo d’azienda, sempre che gli stessi costituiscano un’organizzazione strumentale funzionalmente autonoma.
Qualora questi elementi non siano rinvenibili nell’ambito dell’operazione di trasferimento del personale: non ricorre la fattispecie della cessione di ramo d’azienda.
Per quanto riguarda il secondo requisito (il personale addetto al ramo) si precisa in primis che la procedura appena descritta deve essere attivata a condizione che “si intenda effettuare, … un trasferimento d’azienda in cui sono complessivamente occupati più di quindici lavoratori”.
La questione (ad oggi, lo precisiamo, non risolta dal Legislatore e sulla quale più interpreti e la giurisprudenza hanno fornito pareri discordanti) attiene proprio l’identificazione del numero di lavoratori e al significato da attribuirsi al termine utilizzato (“complessivamente”) e, pertanto, se l’identificazione di 15 unità si debba riferire ai soli dipendenti oggetto del trasferimento o alla sommatoria dei lavoratori oggetto del trasferimento e dei dipendenti già occupati presso l’azienda acquisenda.
Nel caso di specie, il numero dei lavoratori da trasferire è almeno pari a 15 unità e pertanto la procedura di cui sopra deve essere attivata, con le precisazioni che seguono.
In secundis, l’individuazione del personale da cedere è strettamente correlata all’esistenza o meno di propria una autonomia organizzativa ed economica funzionalizzata allo svolgimento di un’attività volta alla produzione di beni o di servizi (Cass. 30 aprile 2024 n. 11528) del ramo di cui trattasi.
In applicazione di tale principio, talvolta non è agevole capire quali dipendenti rientrano nel ramo d’azienda se questi operano per più reparti, svolgendo, quindi, attività e mansioni considerate fungibili all’interno del ramo stesso.
Infatti, l’individuazione dei lavoratori addetti al ramo stesso non è un atto discrezionale del datore di lavoro, ma una conseguenza dell’effettiva e oggettiva appartenenza funzionale dei dipendenti a un’entità economica organizzata, dotata di autonomia e preesistente al trasferimento. La giurisprudenza, sia di legittimità che di merito, ha delineato con precisione i criteri per questa identificazione, strettamente connessi alla nozione stessa di ramo d’azienda. Quindi, i lavoratori “addetti al ramo” sono esclusivamente coloro che sono stabilmente e organicamente inseriti in tale struttura preesistente e autonoma. È preclusa “l’esternalizzazione come forma incontrollata di espulsione di frazioni non coordinate fra loro, di semplici reparti o uffici, di articolazioni non autonome, unificate soltanto dalla volontà dell’imprenditore e non dall’inerenza del rapporto ad una entità economica dotata di autonoma ed obiettiva funzionalità” (Cass 5 luglio 2021, n. 18948).
Tuttavia, l’altro elemento da considerare ai fini della sussistenza del ramo è l’assenza di fungibilità dei lavoratori appartenenti al ramo rispetto a quelli esterni allo stesso.
La fungibilità professionale mina alla base il requisito dell’autonomia funzionale. Se i dipendenti ceduti svolgono mansioni indistinte e sono professionalmente interscambiabili con altri colleghi non inclusi nel perimetro della cessione, diventa estremamente difficile sostenere che essi facciano parte di una struttura organizzativa autonoma e specifica. La loro appartenenza al “ramo” appare, in tal caso, non come una conseguenza di un’oggettiva organizzazione del lavoro, ma come il risultato di una scelta arbitraria del datore di lavoro, finalizzata unicamente all’esternalizzazione di personale.
Conclusioni
Nel caso di specie, il personale addetto al confezionamento – all’interno più ampio reparto produttivo – è fungibile con il personale addetto alla produzione dei tessuti. La suddetta fungibilità è dimostrabile in relazione ai periodici spostamenti del personale addetto al confezionamento nel reparto produttivo e viceversa. Pertanto la cessione del contratto di lavoro del singolo dipendente dal cedente al cessionario sarebbe priva di effetti, in quanto l’operazione dovrebbe essere riqualificata come una mera esternalizzazione di una pluralità di servizi e nel trasferimento dei lavoratori ad essi addetti, per la cui validità sarebbe stato però necessario il loro consenso e da cui discenderebbe, inoltre, la continuità giuridica del rapporto di lavoro con il cedente e con condanna di quest’ultimo al ripristino effettivo del rapporto, con ogni conseguenza giuridica ed economica (Tribunale Ordinario Roma, sez. LV, sentenza n. 3650 del 2020).