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Politiche retributive: parametri di valutazione di equità e trasparenza

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In ossequio a quanto disposto sia dall’art. 157 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) (1) che dall’art. 4, par. 1 della Direttiva 2006/54/CE del 5 luglio 2006 (2) in tema di pari opportunità e parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, con la pubblicazione della Direttiva (UE) 2023/970 del 10 maggio 2023 (3), in vigore a decorrere dal 6 giugno 2023 (4), sono introdotte prescrizioni minime volte a rafforzare l’effettiva applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. La Direttiva che opera un raccordo con la Convenzione sull’eguaglianza di retribuzione per un lavoro uguale del 6 giugno 1951, n. 100 (5), mira dunque a eliminare qualsivoglia forma di discriminazione – diretta e indiretta (6) – che, basata sul genere, si rifletta sulla retribuzione, e trova applicazione sia nel settore pubblico che privato, estendendo il proprio sistema di tutela anche al soggetto che si candidi per un impiego (7). La finalità perseguita consiste nell’eliminazione del divario retributivo di genere, cioè della «differenza tra i livelli retributivi medi corrisposti da un datore di lavoro ai lavoratori di sesso femminile e a quelli di sesso maschile». (8)
È noto che la realizzazione del principio di parità è ostacolata da una carenza di trasparenza nei sistemi retributivi così come da una forte asimmetria informativa nonché da una mancanza di certezza con riferimento al concetto di «lavoro di pari valore». (9) Se da una parte l’art. 13 esige che in sede di recepimento della Direttiva particolare riguardo sia riservato alla promozione del ruolo delle Parti sociali, valorizzando dunque la contrattazione collettiva di lavoro e il dialogo sociale (10), dall’altra, in perfetta aderenza con l’art. 4, par. 2 della citata Direttiva 2006/54/CE del 5 luglio 2006, ai sensi del quale «qualora si utilizzi un sistema di classificazione professionale per determinare le retribuzioni, questo deve basarsi su principi comuni per i lavoratori di sesso maschile e per quelli di sesso femminile ed essere elaborato in modo da eliminare le discriminazioni fondate sul sesso», (11) agli Organismi nazionali per la parità è affidata la definizione di strumenti e metodologie d’analisi che consentano d’effettuare una valutazione capace di accertare l’effettività del principio della parità di retribuzione in stretta osservanza con le disposizioni vigenti in materia di trattamento dei dati personali. (12)
Nozione di «lavoro di pari valore»
L’art. 4, par. 1 stabilisce che il datore di lavoro è tenuto ad adottare un sistema retributivo che garantisca la parità di retribuzione per uno stesso lavoro e per un lavoro di pari valore, anche quando questo sia diverso, ma appunto di eguale valore; diversamente, è realizzata una forma di discriminazione in materia di occupazione. (13) Al fine di una corretta interpretazione della norma testé richiamata, peraltro strettamente correlata al principio della parità di genere (14), è opportuno riportare preliminarmente talune definizioni di cui all’art. 3: a) per «retribuzione» deve intendersi «il salario o lo stipendio normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore (componenti complementari o variabili (15)) a motivo dell’impiego di quest’ultimo». Ai fini della valutazione circa il principio di parità di retribuzione, i livelli retributivi sono espressi in retribuzione lorda annua e retribuzione oraria lorda (16) e dovrebbero essere altresì esplicitati i criteri impiegati per la loro definizione, anche in un’ottica di progressione retributiva; (17) b) il «lavoro di pari valore», che, come già precisato, può essere simile così come completamente diverso dal lavoro che forma oggetto dell’attività di comparazione, è individuato sulla base di criteri i) non discriminatori, ii) oggettivi e iii) neutri sotto il profilo del genere e di seguito elencati: 1) competenze, valutate in base alle qualifiche acquisite mediante un percorso d’istruzione o formativo o per il tramite dell’esperienza. Sono ricomprese in tale criterio anche le competenze di natura organizzativa e quelle di relazione a cui è necessario attingere per la corretta esecuzione del lavoro; 2) impegno, che può essere fisico, mentale così come di natura psico-sociale; 3) responsabilità, a cui è possibile ricondurre, ad esempio, lo sviluppo di programmi di lavoro, il coordinamento di altri lavoratori o la garanzia di qualità di un processo od ancora l’attribuzione di responsabilità con riguardo alle risorse (anche finanziarie) dell’impresa, alle attrezzature e alle informazioni; 4) condizioni di lavoro, riguardanti l’ambiente organizzativo, l’esposizione ad agenti sia fisici che di natura psicologica; 5) qualsiasi altro fattore afferente all’attività di lavoro svolta o alla posizione specifica, ivi comprese le competenze trasversali, purché pertinenti. (18) Detti elementi, che sono ritenuti essenziali e sufficienti ai fini di una comparazione oggettiva (19), non hanno ovviamente alcuna afferenza con la valutazione della prestazione. Il sistema retributivo deve essere strutturato in modo tale da permettere di effettuare una comparazione oggettiva tra lavoratori in base al valore del lavoro, ponderato tramite i criteri oggettivi più sopra elencati (e concordati con i Rappresentanti dei lavoratori, laddove esistenti). Ciò detto, il datore di lavoro può retribuire in modo diverso i lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un «lavoro di pari valore», purché tale differenza retributiva sia fondata su criteri oggettivi, neutri sotto il profilo del genere e privi di pregiudizi. Una differenza retributiva è giustificata quando, ad esempio, il lavoratore sia in possesso di specifiche e comprovate competenze professionali. (20) Anche l’applicazione di un sistema incentivante può giustificare differenze retributive, sempre che i criteri che presiedono alla individuazione della misura dell’elemento premiale non siano essi stessi discriminatori.
Trasparenza retributiva
Al tema della trasparenza retributiva è dedicato il Capo II della Direttiva in esame (artt. 5-13). Fermo restando che il principio della trasparenza trova applicazione anche al candidato ad un impiego, in modo che questi possa condurre una trattativa informata e trasparente su ciascun elemento del contratto di lavoro afferente alla retribuzione (21), il datore di lavoro è tenuto, come anticipato, a rendere accessibili i criteri – oggettivi e neutri – ai quali è stato fatto ricorso sia per la determinazione delle retribuzioni che per definire i meccanismi di progressione economica dei lavoratori. (22)
Obblighi informativi
I diritti d’informazione sanciti dalla Direttiva è inevitabile siano accostati agli obblighi informativi più recentemente introdotti in attuazione della Direttiva (UE) 2019/1152 del 20 giugno 2019 in forza del D.Lgs. 27 giugno 2022, n. 104. (23) Giusto quanto disposto dall’art. 7, il lavoratore ha il diritto di richiedere ed ottenere, per iscritto, le informazioni circa il livello retributivo individuale nonché il livello retributivo me dio, ripartito per genere e determinato considerando i lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore. (24)
Con riguardo a tali informazioni, è altresì disposto che esse possano essere ottenute anche per il tramite delle Organizzazioni sindacali dei lavoratori o dell’Organismo per la parità e laddove queste siano imprecise o incomplete possono essere richiesti chiarimenti e dettagli ulteriori. (25) Inoltre, è stabilito sia introdotto l’obbligo annuale d’informare i lavoratori circa il diritto loro attribuito dall’Ordinamento di ottenere le informazioni sia su i) il livello retributivo individuale che su ii) la retribuzione media, ripartita per genere, e determinata in relazione ai lavoratori a cui sia affidato lo svolgimento dello stesso lavoro o un lavoro di pari valore. L’obbligo d’informazione deve riguardare anche le modalità e i termini d’esercizio di tale diritto al quale, laddove esercitato dal lavoratore, il datore di lavoro è tenuto a dar seguito entro il secondo mese successivo alla presentazione della richiesta. (26) È altresì previsto che:

  • non possa essere impedito al lavoratore di rendere nota la propria retribuzione qualora ciò sia preordinato ad assicurare effettività al principio di parità della retribuzione;
  • siano colpite da nullità le clausole contrattuali che limitino la facoltà del lavoratore di rendere note le informazioni circa la propria retribuzione. (27)
    Il datore di lavoro potrà in ogni caso esigere che le informazioni rese in relazione alle retribuzioni individuali e medie non siano utilizzate per fini diversi dall’esercizio del diritto ad una equa retribuzione. (28)
    Obblighi di comunicazione
    L’art. 9 pone un obbligo di comunicazione in capo al datore di lavoro con riguardo al divario retributivo tra lavoratori e lavoratrici, stabilendo che esso sia adempiuto entro:
  • il 7 giugno 2027 e successivamente con cadenza annuale ove trattasi di un datore di lavoro che occupi almeno 250 lavoratori;
  • 7 giugno 2031 e successivamente ogni tre anni, trasmettendo le informazioni che afferiscono all’anno precedente, quando il datore di lavoro occupi un numero di lavoratori compreso tra 100 e 149. (29)
    Il datore di lavoro che occupi sino a 99 lavoratori non è soggetto all’obbligo di comunicazione di cui sopra, sebbene è previsto possa adempiervi su base volontaria. (30) La comunicazione in esame è stabilito riporti:
  • il divario retributivo di genere;
  • il divario retributivo di genere nelle componenti complementari o variabili;
  • il divario retributivo mediano di genere;
  • il divario retributivo mediano di genere nelle componenti complementari o variabili;
  • la percentuale di lavoratori di sesso femminile e maschile che ricevono componenti complementari o variabili;
  • la percentuale di lavoratori di sesso femminile e maschile in ogni quartile retributivo;
  • il divario retributivo di genere tra lavoratori per categorie di lavoratori ripartito in base al salario o allo stipendio normale di base e alle componenti complementari o variabili. (31)
    I criteri di determinazione dei valori associati a ciascuno di detti elementi della comunicazione possono essere conosciuti dalle Rappresentanze sindacali. La fondatezza dei dati è espressamente attestata dal datore di lavoro o dal suo legale rappresentante, previa consultazione con le Rappresentanze dei lavoratori (32).
    Con riguardo ai dati trasmessi, i) ciascun lavoratore, ii) le Rappresentanze dei lavoratori e iii) gli Organismi di vigilanza e per la parità possono chiedere al datore di lavoro chiarimenti e detta gli ulteriori, il datore di lavoro è tenuto a rispondere, esponendo opportune motivazioni entro un termine ragionevole.
    Valutazione congiunta
    Il datore di lavoro soggetto all’obbligo di comunicazione di cui al precedente paragrafo è tenuto ad effettuare una valutazione congiunta con le Rappresentanze sindacali dei lavoratori laddove siano verificate le condizioni di seguito elencate:
    1) le informazioni hanno consentito di rilevare una differenza del livello retributivo medio tra lavoratrici pari ad almeno il 5 % in una qualsiasi categoria di lavoratori;
    2) tale differenza non è stata motivata ricorrendo a criteri che dal punto di vista del genere siano oggettivi e neutri;
    3) la suddetta immotivata differenza non sia stata corretta entro 6 mesi dalla comunicazione delle informazioni sulle retribuzioni. (33)
    La valutazione congiunta, che è opportuno ribadire è effettuata quando ognuna delle condizioni più sopra indicate sia al contempo verificata, mira a i) individuare e ii) correggere differenze retributive che non siano riconducibili a criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere e si compone di:
    a) un’analisi della percentuale di lavoratori di sesso femminile e maschile in ciascuna categoria di lavoratori;
    b) informazioni sui livelli retributivi medi dei lavoratori di sesso femminile e maschile e sulle componenti complementari o variabili, per ciascuna categoria di lavoratori;
    c) eventuali differenze nei livelli retributivi medi tra lavoratori di sesso femminile e maschile in ciascuna categoria di lavoratori;
    d) le ragioni di tali differenze nei livelli retributivi medi, sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere, se del caso, stabilite congiuntamente dai rappresentanti dei lavoratori e dal datore di lavoro;
    e) la percentuale di lavoratori di sesso femminile e maschile che hanno beneficiato di un miglioramento delle retribuzioni in seguito al loro rientro dal congedo di maternità o di paternità, dal congedo parentale o dal congedo per i prestatori di assistenza, se tale miglioramento si è verificato nella categoria di lavoratori pertinente durante il periodo in cui è stato fruito il congedo;
    f) misure volte ad affrontare le differenze di retribuzione se non sono motivate sulla base di cri teri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere;
    g) una valutazione dell’efficacia delle misure derivanti da precedenti valutazioni congiunte delle retribuzioni. (34)
    Le differenze di retribuzione immotivate sono corrette dal datore di lavoro entro un periodo di tempo ragionevole e in stretta collaborazione con i Rappresentanti dei lavoratori ricorrendo a sistemi di valutazione e di classificazione professionali oggettivi e neutri rispetto al genere e atti a garantire l’esclusione di qualsivoglia forma di discriminazione retributiva – diretta o indiretta – appunto fondata sul genere. (35)
    È prospettata l’eventualità che l’Ispettorato del Lavoro e/o l’Organismo per la parità partecipino alla procedura. La valutazione congiunta, che ha altresì il fine di prevenire il verificarsi di disequilibri delle politiche salariali in una prospettiva d’equità retributiva sulla base del genere, è trasmessa all’Organismo di monitoraggio (36) e lasciata a disposizione dell’Ispettorato del Lavoro e dell’Organismo per la parità. (37)
    Protezione del dato
    I dati personali che formano oggetto del diritto d’informazione (§ «Obblighi informativi») o di obbligo di comunicazione (§ «Obblighi di comunicazione») possono essere utilizzati esclusivamente al fine di assicurare un’effettiva attuazione del principio della parità di retribuzione. (38) Inoltre, quando la divulgazione di tali dati implichi la divulgazione di dati retributivi di un la voratore identificabile, l’accesso a tali dati è consentito solo a:
  • Rappresentanti dei lavoratori;
  • Ispettorato del Lavoro;
  • Organismo per la parità (39).

Marchio di trasparenza retributiva
Il considerandum 42 contempla la possibilità che in sede di recepimento della Direttiva in esame lo Stato membro preveda la possibilità per il datore di lavoro che non rientri nell’ambito di applicazione della Direttiva di potersi avvalere, su base volontaria, di un marchio di trasparenza retributiva che, per quanto concerne l’Ordinamento italiano, potrebbe coincidere, apportando opportuni correttivi, con la certificazione del sistema gestionale di parità di genere secondo la prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022. (40) Più recentemente, a detta certificazione è espressamente riferito anche l’art. 2, comma 1, del D.L. 29 maggio 2023, n. 57 che, volto a garanti re una tempestiva attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), stabilisce che «al fine di promuovere la parità di genere, le stazioni appaltanti prevedono nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, il maggior punteggio da at tribuire alle imprese per l’adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere comprovata dal possesso della certificazione della parità di genere». (41) Occorre precisare che tale disposizione s’inscrive nel quadro normativo da tempo disciplinato dal l’art. 47, comma 4, del D.L. 31 maggio 2021, n. 77 (42), convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, in vigore dal 31 luglio 2021 e che non pare abbia avuto né tempe stiva né diffusa applicazione, de-potenziando significativamente la funzione che il vigente Ordinamento attribuisce al PNRR in una prospettiva di promozione delle pari opportunità e dell’inclusione lavorativa. Il marchio di trasparenza attestante l’adozione e l’efficace attuazione di politiche retributive fondate sul principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore costituirebbe dunque un elemento concorrenziale nell’ambito dei contratti pubblici, in quanto consentirebbe all’operatore economico, anche quando non rientrante nell’ambito d’applicazione della Direttiva (UE) 2023/970 del 10 maggio 2023, di potersi avvalere di un punteggio aggiuntivo ai fini dell’aggiudicazione del bando di gara. Con riguardo alla partecipazione alle procedure di appalto pubblico, il considerandum 57 offre indicazioni di rilievo, precisando che «gli Stati membri dovrebbero in particolare garantire che gli operatori economici, nell’esecuzione di un appalto pubblico o di una concessione, dispongano di meccanismi di determinazione delle retribuzioni che non comportino un divario retributivo di genere tra lavoratori in alcuna categoria di lavoratori che svolgono uno stesso lavoro o un lavoro di pari valore che non possa essere motivato da criteri neutri sotto il profilo del genere». È altresì affidata a ciascuno Stato membro la valutazione dell’opportunità di prevedere l’applicazione di specifiche misure – una sanzione o persino la risoluzione del contratto sottoscritto con la Pubblica Amministrazione – laddove sia accertata la violazione del principio della parità di retribuzione nella fase d’esecuzione del contratto.

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