Perché la blockchain può migliorare i contratti pubblici

Intelligenza artificiale e tecnologie dei registri distribuiti potranno contribuire all'ecosistema nazionale di approvvigionamento digitale per la gestione del ciclo di vita degli appalti pubblici

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Il prossimo 1 luglio acquisteranno efficacia giuridica le norme contenute nel nuovo Codice dei contratti pubblici (D. Lgs. 31 marzo 2023, n. 36). In particolare, è previsto che alla gestione del ciclo di vita del contratto pubblico (artt. 19-36, produttivi di effetti giuridici solo dal 1 gennaio 2024) sarà dedicato un ecosistema nazionale di approvvigionamento digitale, costituito da piattaforme e da infrastrutture al cui funzionamento è espressamente previsto che potranno contribuire soluzioni tecnologiche come l’intelligenza artificiale e la tecnologia di registri distribuiti (distributed ledger technologies, Dlt), come quella della blockchain. La struttura e le articolazioni del registro digitale distribuito, che potrebbero assumere una conformazione differente in ragione, ad esempio, della natura della prestazione o della complessità del ciclo di vita del contratto, sono caratterizzate dai seguenti elementi essenziali:

a) i documenti e le informazioni del registro digitale sarebbero conservati su un supporto di memorizzazione adeguato, privilegiando l’adozione di un sistema di gestione del dato non relazionale, ma orientato al documento. In questo modo, sarebbe agevolata l’attività di verifica circa l’attendibilità degli impegni assunti da ciascun operatore economico (art. 102) così come dei requisiti soggettivi che abbiano comportato l’attribuzione di un punteggio aggiuntivo alla luce dei meccanismi premiali eventualmente adottati dalla stazione appaltante (art. 47 del D.L. 77/2021);

b) la stazione appaltante e ciascun operatore economico (appaltatore o subappaltatore) coinvolto nella fase d’esecuzione del contratto costituiscono un “nodo”. Ogni nodo, che è parte di una rete privata alla quale è possibile accedere solo mediante apposite credenziali, possiede l’esatta copia dell’intero registro digitale distribuito (la scelta di costituire una rete privata risiede nel tentativo di ridurre il costo computazionale nonché nella significativa riduzione dei rischi e dei costi afferenti alla sicurezza informatica). La possibilità di consultazione dei documenti può essere in ogni caso “graduata”;

c) le informazioni e i documenti riconducibili a una singola voce di registro costituiscono un “blocco”, contraddistinto da un codice univoco identificativo individuato mediante un algoritmo. Ogni nodo procede all’autonoma validazione del codice univoco attribuito al blocco (e all’intera catena di blocchi preesistenti di cui il nuovo elemento è parte). Il registro è corrotto quando anche uno solo dei partecipanti non riscontri la validità del codice trasmesso;

d) attivando specifiche istruzioni, il sistema è altresì in grado di rilevare ipotesi d’inadempimento (trattasi, ad esempio, del caso in cui la registrazione di un documento non sia effettuata nei termini stabiliti) e di effettuare una segnalazione qualora il documento registrato non risponda ai requisiti richiesti;

Dunque, le informazioni e i documenti chiusi in una catena di blocchi (blockchain) risultano pressoché immodificabili, oltre che nel contenuto, anche con riferimento all’autore della registrazione e al tempo in cui questa è stata effettuata. In termini di economia dei contratti, è evidente come il ricorso ad un registro digitale distribuito possa agevolare la formazione di un affidamento efficiente tra le parti, comprimendo i costi di transazione e operando una selezione degli operatori basata, oltre che sull’analisi dei requisiti attuali, anche su un ampio e immodificabile repertorio d’informazioni componenti il fascicolo virtuale dell’operatore stesso (art. 24) e che potrebbero confluire nell’anagrafe degli operatori economici (art. 31).

Una messe di dati “verificati” di tale ampiezza e capillarità consentirebbe, anche ricorrendo all’intelligenza artificiale e a strumenti di data analytics, di rilevare tendenze e regolarità che, alla luce di un’attenta interpretazione, agevolerebbero l’attività di programmazione della Pubblica amministrazione, assicurando una maggiore razionalizzazione della spesa pubblica e contrastando al tempo stesso i fenomeni corruttivi e le frodi. Un registro digitale distribuito potrebbe dunque contribuire alla concreta realizzazione dei principi generali del risultato, della fiducia reciproca tra pubblica amministrazione e operatori economici e dell’accesso al mercato nel rispetto dei principi di concorrenza, imparzialità, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità, sui quali è peraltro incardinato l’intero impianto del Codice (artt. 1-4).

In tal senso, muovono anche le considerazioni svolte più recentemente dalla Commissione europea (comunicazione del 16 marzo 2023) con riguardo alla imminente costituzione di uno spazio di dati sugli appalti pubblici dell’Unione. Tale piattaforma consentirà di:

  1. sfruttare economie di scala e condividere conoscenze al fine di promuovere la transizione
    “verde” e digitale e acquistare prodotti e servizi più ecologici, sociali e innovativi
  2. automatizzare talune operazioni, conseguendo notevoli risparmi operativi;
  3. individuare modelli sospetti e tutelare l’integrità delle procedure;
  4. promuovere un maggiore coinvolgimento delle pmi.

Infine, si consideri come la tecnologia che presiede al funzionamento di un registro digitale
distribuito potrebbe trovare applicazione anche nel settore privato e consentire un governo del rischio economico derivante dalla disciplina vigente in tema di responsabilità solidale (art. 1676 cod. civ. e art. 29, c. 2 del D.Lgs. 276/2003) e di prevenzione contro gli infortuni e le malattie
professionali (art. 26 del D.Lgs. 81/2008), “certificando” altresì il corretto funzionamento del modello di organizzazione e gestione eventualmente adottato dall’ente.

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